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«La nostra visione distorta della politica rischia di condannarci alla tirannide»

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15.05.2025

Nel desolante panorama culturale italiano, Raimondo Cubeddu è una di quelle rare voci da cui sempre si può imparare qualcosa. Già ordinario di Filosofia politica all’Università di Pisa, nonché senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni, Cubeddu è un esperto di pensiero liberale, e segnatamente della Scuola austriaca, in particolare Carl Menger e Friedrich von Hayek ma non solo. Basti pensare anche ai suoi studi su Leo Strauss e su Bruno Leoni. L’editore Cantagalli, nella collana “Atene e Gerusalemme” che Cubeddu dirige con Sergio Belardinelli e con Adriano Fabris, ha recentemente pubblicato una sua raccolta di scritti bella fin dal titolo: La politica, il tempo e l’incertezza. Tutti gli interventi riflettono su quella che è la condizione umana, fatta di scarsità, ignoranza e fallibilità, da cui deriva una visione scettica circa le pretese della politica e del potere a essa associato.

Professor Cubeddu, secondo lei come è possibile che spesso gli individui manifestino la loro insofferenza per la politica e al contempo, quasi fossero dotati di una personalità doppia, chiedano e si aspettino sempre di più da essa?

Penso sia la conseguenza, non so quanto inintenzionale, del fatto che dall’avvento della modernità le scienze sociali hanno privilegiato il momento della distribuzione (etica o politica) di beni e di risorse rispetto a quello delle condizioni della sostenibilità nel tempo della capacità di una società di soddisfare bisogni in crescita e comunque imprevedibili. Come pure hanno trascurato il ruolo che il tempo svolge nelle vicende sociali, a partire da quella che definisco «l’aspettativa soggettiva di tempo». Ne è derivata una spasmodica attenzione per la politica, intesa sia come lo strumento privilegiato di tale processo ridistributivo, sia come produttrice di certezza circa la........

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