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Finalmente la verità sull’eccidio di Porzûs

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La strada a curve strette che si inerpica dal caseggiato di Faedis su per le Prealpi Giulie tra le valli misteriose di Torre e Natisone, lasciandosi dietro il Friuli del Collio e dei vitigni invidiati da tutto il mondo, porta prima a Canebola, poi girando a destra e continuando a salire conduce al Monumento nazionale delle malghe di Porzûs. Si tratta di strutture semplici in muratura, 968 metri sul livello del mare in piena terra di confine, a meno di dieci chilometri in linea d’aria dalla Slovenia.

L’eccidio di Porzûs

Sono trascorsi ottant’anni dal 7 febbraio 1945, quando alle malghe salirono cento partigiani garibaldini al seguito di Mario Toffanin (nome di battaglia Giacca). Quasi tutti gli uomini facevano parte dei Gap, i gruppi organizzati del Partito comunista italiano a cui erano affidati attentati e azioni di sabotaggio soprattutto nei centri abitati. La Brigata Osoppo, il gruppo della Resistenza di matrice prevalentemente “cattolica” e militare in Friuli, decimata dai rastrellamenti di quei mesi e dai contrasti con le divisioni garibaldine, già da qualche settimana aveva stabilito qui il comando delle brigate Est. A presiederlo era il comandante Francesco De Gregori (Bolla), lo zio del celebre cantautore romano, insieme a una ventina di uomini.

I garibaldini si presentarono come partigiani sbandati che cercavano rifugio, in realtà ben presto gettarono la maschera e fecero prigionieri gli osovani. Di lì ebbe inizio la strage, che segnò il più grave scontro interno alla Resistenza italiana della Seconda guerra mondiale. Bolla e Gastone Valente (Enea), commissario politico della Osoppo, insieme a Elda Turchetti, sospettata di spionaggio, furono fucilati dopo pochi minuti e i loro corpi abbandonati........

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