Dove non passano le merci passeranno gli eserciti
A breve, nel 2026, ricorrerà un evento significativo per la storia delle idee. Nel 1776, duecentocinquanta anni fa esatti, veniva infatti pubblicato La ricchezza delle nazioni, un testo fondamentale per capire il funzionamento di un’economia basata sulla divisione del lavoro e sulla cooperazione sociale: in breve, sull’economia di mercato. Adam Smith provò a mostrare come empiricamente un’economia libera funzionasse, spiegando come tutti beneficino dallo scambio. Da ciò emerge un ordine più grande, più prospero e più libero per tutti, con buona pace dei socialisti di ogni colore. Un’idea, sia chiaro, che non ha mai avuto un grande seguito: il capitalismo, l’economia di mercato o economia di concorrenza, come la si voglia chiamare, viene concepita come un sistema retto da pochi, il regime dei “padroni”. Il momento attuale ripropone questo pregiudizio: l’idea cioè che dallo scambio non vengano migliorate le condizioni di tutti, sebbene in misura diversa, quanto piuttosto che il vantaggio di uno sia a detrimento dell’altro. Si confonde, dunque, l’economia di mercato con il mercantilismo.
Un mutamento per gradi
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