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Populismo algoritmico: la manipolazione della democrazia

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09.06.2025

In questa era digitale un fenomeno inquietante è in grado di plasmare la politica. Un nuovo decisore. Un novello Leviatano. È il populismo algoritmico, evoluzione tecnologica del populismo analogico. Non si tratta solo di un nuovo modo di fare politica, ma di una trasformazione profonda e radicale in cui gli algoritmi ridisegnano il rapporto tra governanti e governati. Premessa la storica pluralità di significati e forme, questa nuova declinazione è riconducibile alle rapidissime innovazioni dei sistemi di Intelligenza Artificiale (IA) e al loro utilizzo. Vere e proprie infrastrutture globali che, con innumerevoli applicazioni nei più svariati ambiti, aprono scenari di straordinaria potenzialità. A cui corrispondono anche cruciali interrogativi sulla trasparenza, sulla responsabilità e sulla tenuta dei processi democratici.

Inedite forme di potere, con “un uso strategico degli algoritmi per identificare, mobilitare e amplificare specifici segmenti di opinione pubblica”. Un sistema in cui le decisioni non vengono più giustificate dalla partecipazione e dal consenso democratico. Si configura un contesto sociale che, per dirlo con Hegel, è “la notte in cui tutte le vacche sono nere”. Quando conoscenza e verità svaniscono.

Un interrogativo di fondo. Come garantire che la potenza dell’IA non induca una deresponsabilizzazione collettiva? Il rischio è che la delega di funzioni cognitive e decisionali all’IA possa generare una “eteronomia algoritmica”, in cui la capacità critica e la partecipazione attiva dei cittadini si atrofizzano a favore della dipendenza da sistemi automatizzati. La questione non è solo tecnica, ma profondamente politica.

Per comprendere questo fenomeno, bisogna innanzitutto distinguere tra tecnocrazia e populismo algoritmico. La tecnocrazia si basa sull’idea che i problemi complessi debbano essere risolti da esperti. Il populismo algoritmico, invece, nasce quando le élite tecnoscientifiche si appropriano del linguaggio del “bene comune” per manipolare e legittimare scelte celate dietro la presunta neutralità dell’IA. Così, decisioni con ricadute decisamente politiche si rappresentano come dati oggettivi e inconfutabili, sottraendoli al dibattito pubblico, in cui gli algoritmi rappresentano una nuova forma di normatività. Al populismo algoritmico corrisponde un’ampia e acritica delega tecnologica.

Proprio sulla delega tecnologica è opportuno fare una differenza tra la delega per le attività routinarie rispetto a quella per le funzioni. Con una premessa necessaria. Definire che cosa si intende per IA debole o ristretta, IA generale e IA sovrumana. Con l’IA debole o ristretta (Artificial Narrow Intelligence - ANI) deleghiamo alle macchine attività che, per quanto complesse, non presentano margini significativi di imprevedibilità nell’esecuzione. Con l’IA generale (Artificial General Intelligence - AGI) deleghiamo funzioni che richiedono, invece, capacità cognitive e predittive in contesti di incertezza attraverso una lettura autonoma dei dati di contesto. Per giungere, poi, ad una forma ipotetica di IA che supererebbe l’intelligenza umana in ogni aspetto cognitivo, tra cui creatività, risoluzione dei problemi e conoscenza generale. Sarebbe quest’ultima l’Intelligenza Artificiale sovrumana (Artificial Super Intelligence - ASI).

Ebbene, con la sempre più pervasiva delega tecnologica di funzioni cognitive e predittive, algoritmi opachi e non regolamentati possono amplificare disuguaglianze, consolidare pregiudizi e minare la coesione sociale. Traducendosi concretamente in una perdita di controllo, sia del singolo che della collettività, dell’autonomia e delle libertà decisionali. Con misinformazioni e disinformazioni. Le prime con la diffusione di informazioni fuorvianti, imprecise o completamente false; diffuse senza l'esplicita intenzione di ingannare. Tuttavia, destinate ad essere percepite dai destinatari come informazioni serie e concrete. Le seconde, poi, che rappresentano informazione false e diffuse con l'intenzione di ingannare le persone, suscitando  allarmismi e paure.

Sono queste prospettive che vanno sempre più coniugando nella quotidianità la solitudine digitale dei singoli con l’erosione dell’autonomia. Una sorta di vera e propria dipendenza individuale e collettiva che si rileva chiaramente nella formazione della c.d. comunità digitale. In cui ci si uniforma impoverendo, tra l’altro, le relazioni umane. E non solo. Incapacità di interpretare le complessità ricorrendo a semplificazioni eterodirette, inadeguatezza al discernimento nonché dipendenza emotiva. In sintesi, una comprensione falsificata del reale.

La manipolazione si realizza attraverso una logica di conferma che rafforza convinzioni, emozioni e desideri dell’utente incentivando forme di narcisismo relazionale. Il reale non si distingue più dal digitale. Anzi, il digitale è reale.

Con questo sfondo, il populismo algoritmico si sviluppa e si autosostiene. “Nelle società complesse ad alto livello tecnologico è ancora possibile la democrazia come espressione della volontà popolare? Stante l’alto livello di........

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