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Perché il Pakistan corteggia Trump (che non disdegna)

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08.07.2025

Il Pakistan corteggia Donald Trump, e il presidente degli Usa accetta il corteggiamento; ma non è una questione di narcisismo o di egolatria, o della asserita fascinazione del tycoon per gli “uomini forti” come il generale Asim Munir (in Pakistan da sempre il potere reale è nelle mani dei militari).

È vero che il poco formale pranzo del capo delle forze armate pakistane col presidente americano a Washington del 18 giugno scorso era stato preceduto dalla proposta di Islamabad di attribuire a Trump il premio Nobel per la pace per il presunto ruolo (negato con forza dall’India) avuto nel cessate il fuoco fra indiani e pakistani dopo gli scontri armati e le battaglie aeree seguite all’attentato terroristico del 22 aprile scorso nel Kashmir. Ma Nobel a parte, le carte che l’indebitatissimo paese del subcontinente indiano (annualmente se ne va in interessi pagati sul debito pubblico il 6,84 per cento del Pil pakistano) può giocare nei suoi rapporti coi vertici del paese che rappresenta la principale destinazione del suo export (6,2 miliardi di dollari all’anno, il 20 per cento di tutte le esportazioni pakistane) sono essenzialmente tre: la collaborazione nella lotta al terrorismo, la gestione delle criptovalute e lo sfruttamento delle terre rare.

Su ognuno dei tre capitoli gli Stati Uniti – e in particolare Donald Trump per quanto riguarda il secondo – sono fortemente interessati, e questo spiega la rottura di protocollo del pranzo di Washington: in passato già altri due generali pakistani erano stati ricevuti con tutti gli onori alla Casa Bianca, ma Ayub Khan e Zia ul-Haq erano anche capi di Stato. Munir non lo è, ma per discutere cose della massima importanza Trump........

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