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Le terre rare e l’arte del ricatto cinese

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23.10.2025

Lunedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato col premier australiano Anthony Albanese un pacchetto di misure in grado di alimentare progetti per lo sfruttamento delle terre rare del valore di 8,5 miliardi di euro. Fra luglio e la settimana scorsa ha fatto intervenire direttamente il governo americano con l’acquisto di azioni per centinaia di milioni di dollari di grandi compagnie americane e canadesi che operano nel settore, e il Pentagono è stato autorizzato a spendere 1 miliardo di dollari per costituire una riserva strategica di minerali indispensabili all’autonomia della difesa americana.

Ma il coltello dalla parte del manico nella guerra commerciale fra Cina e Stati Uniti, che ha conosciuto un nuovo tornante dopo la stretta all’export di terre rare e delle tecnologie connesse decisa da Pechino il 9 ottobre scorso, ce l’hanno i cinesi.

Lo strapotere della Cina sulle terre rare

La Cina estrae il 70 per cento di tutte le terre rare, processa l’87 per cento di tutte quelle estratte nel mondo e ne raffina il 91 per cento; il 94 per cento dei magneti permanenti contenenti terre rare sono prodotti in Cina, e sono indispensabili alla produzione di turbine eoliche e motori elettrici, per entrambi i quali i cinesi detengono il primato produttivo (60 per cento della capacità produttiva mondiale contro il 19 per cento dell’Unione Europea per le turbine eoliche, 62 per cento contro contro il 15,8 per cento della Ue per i motori elettrici).

Oltre che per le turbine eoliche e i motori elettrici, le terre rare sono indispensabili per la produzione dei pannelli solari e di armi sofisticate come i caccia F35, radar e sistemi di difesa antimissilistica di ultima generazione, e per molti altri prodotti di uso comune. Il provvedimento con cui il governo cinese ha stabilito che, a partire dal 1° dicembre, l’esportazione di qualunque quantità di terre rare debba sottostare a un placet governativo appare in grado di causare grossi problemi alla potenza americana.

I settori dell’elettronica e della difesa, che dipendono fortemente dalle terre rare, potrebbero subire interruzioni nella catena di approvvigionamento. La sostituzione delle importazioni non è dietro l’angolo, dal momento che, come spiega Marina Zhang, ricercatrice esperta di minerali strategici al Politecnico di Sydney, «anche se gli Stati Uniti e tutti i loro alleati facessero della lavorazione delle terre rare una priorità nazionale, direi che ci vorrebbero almeno cinque anni per........

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