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I massacri di 80 anni fa sono una ferita aperta tra Polonia e Ucraina

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10.06.2025

Non si identifica col nuovo presidente Karol Nawrocki la diatriba sui massacri della Volinia e della Galizia orientale che ottant’anni dopo i fatti continua a dividere Polonia e Ucraina. Da presidente dell’Istituto della Memoria nazionale e da candidato alle recenti elezioni presidenziali l’esponente nazional-conservatore ha più volte affermato che Kiev, prima di entrare nell’Unione Europea, dovrebbe fare i conti con le ore buie del suo passato e in particolare col genocidio dei polacchi che abitavano le regioni suddette per mano degli ultranazionalisti ucraini. Ma in realtà è l’intero spettro del mondo politico polacco a pretendere un cambio di marcia da parte delle autorità ucraine, anche a costo di irrigidire i rapporti con un paese con cui la Polonia è oggettivamente alleata in funzione anti-russa. Ne sono prova la nuova legge per l’istituzione della Giornata della memoria delle vittime polacche dell’Upa di Stepan Bandera, votata quasi all’unanimità dal parlamento polacco il 4 giugno scorso, e le veementi proteste ucraine che ne sono seguite.

L’utilizzo del termine “genocidio” per qualificare il trattamento riservato a circa 100 mila polacchi etnici dai combattenti ucraini dell’Oun-Upa fra il 1939 e il 1945 (soprattutto fra il ‘43 e il ‘45) e il monito a riconoscere la responsabilità storica dei fatti se l’Ucraina vuole essere ammessa nell’Unione Europea si estendono ai politici del governo in carica, cioè all’alleanza di centrosinistra guidata da Donald Tusk che alle presidenziali sosteneva il candidato Rafał Trzaskowski, il sindaco di Varsavia sconfitto al ballottaggio. Pochi giorni fa il parlamento polacco ha votato quasi all’unanimità il progetto di legge per “l’istituzione dell’11 luglio come Giorno della Memoria dei Polacchi vittime del genocidio commesso dall’OUN-UPA nelle terre di confine orientali della Seconda Repubblica Polacca” (questa è........

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