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La “Tecnodestra”, o di come la sinistra ha smesso di capire le Big Tech

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14.04.2025

Si dice che dietro all’improvviso e ondivago ripensamento sui dazi di Donald Trump in stile maestro Miyagi – metti i dazi, togli i dazi – ci siano anche le proteste dei grandi ceo di Wall Street e della Silicon Valley, le famose Big Tech passate in poco tempo dalle coccole a Obama e Biden al sostegno del presidente repubblicano.

«Imponendo dazi massicci e sproporzionati ai nostri amici e ai nostri nemici e lanciando così una guerra economica globale contro il mondo intero in una volta sola, stiamo distruggendo la fiducia nel nostro paese come partner commerciale, come luogo in cui fare affari e come mercato in cui investire capitali», aveva twittato l’investitore miliardario Bill Ackman, chiedendo proprio una pausa di 90 giorni. Come lui, ma non pubblicamente, si sarebbero lamentati direttamente con Trump molti capi di grandi aziende tech, fino allo stesso Elon Musk, che ha auspicato l’azzeramento bilaterale dei dazi tra Stati Uniti e Unione europea. Il presidente ha ceduto alle proteste, e sospeso tutto per 90 giorni con l’eccezione della Cina.

Perché leggere “Tecnodestra” di Venanzoni

Per capire il motivo per cui Trump è costretto a dar retta alle richieste degli imprenditori tecnologici, è bene leggere il nuovo libro di Andrea Venanzoni, Tecnodestra. I nuovi paradigmi del potere (Signs Books), nel quale si descrive con lucidità e conoscenza approfondita un mondo in cui la politica non si fa più nei palazzi, ma sulle piattaforme, in cui utenti, clic e algoritmi contano più dei voti nelle urne e persone come Musk, Thiel, Andreessen hanno lo stesso peso di Trump, Starmer, Putin.

Quello di Venanzoni è un saggio storico e politico sui nostri tempi che ha il merito di non ripetere la stucchevole litania sulla fine della democrazia né di abbracciare il........

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