“Evangelium vitae”. Trent’anni fa l’enciclica sulla vita
Nel 1995 il mondo era appena cambiato dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989 e, due anni dopo, con la fine dell’Unione Sovietica. L’umanità era entrata nell’epoca della globalizzazione, la “grande illusione” del post-comunismo, quando si diffuse l’idea che il mercato avrebbe risolto tutti i problemi, facendo tacere le armi e portando cibo a volontà per tutti i popoli.
Ma non “è andata bene”, viene da dire oggi. Le guerre sono esplose subito, già negli anni Novanta, nella ex Jugoslavia, dove sono durate un decennio. Per non parlare della tragedia del Ruanda, dove nel 1994 in soli tre mesi ci fu quasi un milione di morti assassinati durante una terribile guerra fra etnie. Infine, l’11 settembre 2001, l’attentato alle Torri gemelle ci ricordò che la storia non era finita, che il risveglio islamista cominciato nel 1979 con la rivoluzione khomeinista in Iran aveva contagiato anche il mondo sunnita e che il terrorismo islamista era purtroppo una drammatica realtà.
Nuovi diritti
In questo mondo in piena ebollizione, non più condizionato dalla contrapposizione fra “mondo libero” e “mondo comunista”, c’è l’Occidente alle prese con una rivoluzione antropologica profonda cominciata negli anni Sessanta, che ha colpito la famiglia e la vita, mettendo in discussione i due pilastri fondamentali del bene comune.
In questo contesto san Giovanni Paolo II pubblica l’enciclica © Tempi
