La via d’uscita per Charlie Kirk
Anche quando spararono a Trump, erano bastate poche ore per far sparire il dato nudo e crudo di cronaca. E cioè: hanno provato a uccidere il candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Si iniziò a scrivere “attentato” tra virgolette, si cominciò a discutere quanto sarebbero cambiati i sondaggi, ci si chiese se – in fondo – non fosse la quasi logica e giusta punizione per un uomo “divisivo” e “controverso” (eufemismi giornalistici rivelatori di profondo disprezzo).
Con l’assassinio di Charlie Kirk è successo di nuovo. Nel momento stesso in cui erano iniziati a circolare sui social i video del colpo alla giugulare del povero Charlie, subito si è cominciato a dibattere se l’avesse meritato o meno, se le sue opinioni fossero presentabili o meno, se, come orrendamente detto da Piergiorgio Odifreddi, non fosse normale che «chi semina vento, raccoglie tempesta».
Un giorno, forse, qualche esperto ci spiegherà quanto queste reazioni fegatose fossero figlie della comunicazione social, ma a noi pare che questa incapacità di stare davanti ai dati sia rivelatrice di un problema persino più grave del fatto di determinare se quello di Kirk sia stato un assassinio politico o meno.
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Charlie Kirk non era un santarellino né un missionario in terra d’infedeli. Era un attivista politico con idee forti su immigrazione, gender, islam,........
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