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Il porno a portata di clic ha traumatizzato la Gen Z

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09.06.2025

Dal substack After Babel dello psicologo americano Jonathan Haidt, autore dell’ormai celebre Anxious Generation:

«Immagina di incontrare un’adolescente che inizia a raccontarti della sua infanzia, quando accenna, con una certa noncuranza, di aver visto del porno da uno sconosciuto. Glielo ha fatto conoscere quando aveva nove anni, prima ancora che tenesse per mano un ragazzo, prima che le venisse il primo ciclo mestruale, all’insaputa dei suoi genitori. Settimana dopo settimana, gliene ha mostrati altri, ogni volta qualcosa di più estremo. A dieci anni sembrava normale. A undici, guardava regolarmente porno da sola. È calma al riguardo, rassicurandoti che è successo alla maggior parte delle sue amiche. Qualcuno penserebbe che questo sia normale? Parte del suo percorso di crescita, del suo sano sviluppo? Un’esplorazione della sua sessualità? O lo chiameremmo abuso? Questo è esattamente ciò che accade ai bambini di oggi quando diamo loro uno smartphone. Ma invece di essere uno sconosciuto a introdurli al porno, è un’industria da miliardi di dollari che trae profitto dal loro trauma».

Il contributo ospitato su After Babel è di Freya India, 25 anni, considerata una delle scrittrici della Generazione Z più perspicaci. Ha vissuto personalmente il vortice dei social media (suo il saggio Gli algoritmi hanno dirottato la mia generazione. Temo per la generazione Alpha) e ora ne racconta gli effetti sui suoi coetanei.

Pornografia e Generazione Z

India mette in fila i dati: si parla in continuazione di traumi, ci si preoccupa delle parole, analizziamo ogni centimetro della nostra infanzia, ma della pornografia come trauma che cambia la mente e l’anima dei bambini non si parla mai.

Eppure negli Stati Uniti, l’età media della prima esposizione al porno avviene a 12 anni. “Grazie” a Instagram, X, Snapchat, Discord, Twitch e TikTok. Molti ci si imbattono accidentalmente : i bambini imparano a conoscere il sesso per la prima volta dagli algoritmi dei social media progettati per trascinarli verso contenuti sempre più degradanti.

«Stanno imparando anche da siti come Pornhub, che usano tattiche che creano dipendenza come lo scrolling infinito, ricompense variabili, funzioni di riproduzione automatica e servizi in abbonamento per sbloccare contenuti sempre più avvincenti. Questa è la gamification del porno grafico. Queste piattaforme utilizzano anche il data mining per tracciare le persone e fornire infiniti video personalizzati. Gli utenti vengono categorizzati in base alle loro fantasie e ai loro feticismi; i suggerimenti “Vedi altri contenuti simili” possono variare dall’incesto alla violenza fino a contenuti “a malapena legali”; le abitudini di visualizzazione vengono divulgate a terze parti per annunci mirati; i video di stupro e aggressione possono essere “Consigliati per te”. E ciò che considereremmo immediatamente un abuso per un singolo bambino, scegliamo di ignorarlo in massa».

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