Due mamme sì, una no, un papà boh. La gimkana della Consulta sulla genitorialità
Due sentenze, stesso giorno, due visioni – per lo meno ai “non addetti ai lavori” -, inconciliabili della genitorialità. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 68, ha deciso che è incostituzionale impedire alla cosiddetta “madre intenzionale” – cioè la partner della madre biologica in una coppia lesbica – di essere riconosciuta come genitore del figlio nato da procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero. Tradotto: se due donne vanno in Spagna, firmano un consenso, tornano con un bambino e vogliono entrambe essere madri legali, lo Stato italiano non può più dire di no. Il legame biologico non conta più, la legge 40/2004 non conta più, la figura paterna non conta più. Conta la volontà, il desiderio, il progetto: una genitorialità intenzionale, appunto. E se è intenzionale, allora è diritto.
Fin qui, la rivoluzione. Ma lo stesso giorno, sentenza n. 69, la stessa Corte ci ricorda che in altri casi la legge 40 conta eccome: il divieto di accesso alla Pma per le donne single resta legittimo. Perché? Perché il bambino ha diritto a una figura paterna. La stessa figura negata dal ricorso alla Pma nel caso delle “due mamme”. Genitori a geometria variabile?
Per orientarsi tra queste sentenze che dicono tutto e il contrario di tutto, e che rischiano di riscrivere la filiazione italiana sotto la bandiera dell’emotività certificata, abbiamo chiesto un commento a Emanuele Bilotti, professore ordinario di diritto privato all’Università Europea di Roma, tra i più attenti osservatori del cantiere costituzionale che ruota attorno alla genitorialità, alla bioetica e alla struttura della famiglia nell’ordinamento italiano.
Professore, con la sentenza n. 68 del 2025, pubblicata ieri, la Corte costituzionale introduce di fatto una genitorialità “intenzionale” fondata sul solo consenso alla Pma, anche fuori dai casi consentiti dalla legge n. 40/2004. La pronuncia non finisce per legittimare ex post pratiche contrarie alla legge italiana, eludendo il divieto di accesso alla Pma per le coppie dello stesso sesso e accreditando una figura genitoriale non prevista né dal codice civile né dalla legge 40?
In effetti, la sentenza della Corte costituzionale riconosce al nato da eterologa vietata il diritto allo status anche nei confronti della donna che non ha con esso alcun legame genetico. Quella donna, infatti, ha semplicemente condiviso con la partoriente il progetto genitoriale che è stato realizzato attraverso il ricorso alla tecnica. Non c’è dubbio che in questo modo si consente agli adulti di attuare un progetto genitoriale contra legem, legittimando di fatto quel progetto in una maniera surrettizia. La Corte costituzionale sceglie così di assecondare la logica del fatto compiuto, riconoscendo un rapporto genitoriale fondato semplicemente sulla volontà dell’adulto di essere genitore. E ciò pur in assenza di una condizione di sterilità o infertilità.........
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