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Lo scrittore liberale e i ribelli da operetta

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21.04.2025

Fra le tante cose insopportabili della culturetta sinistroide che ha segnato gli anni Sessanta e Settanta di questo strampalato paese c’era la mitologia del Sudamerica.

E il dettaglio più insopportabile in questa cosa insopportabile era, nello specifico, la mitologia della letteratura del Sudamerica. E dentro questa, l’aspetto più insopportabile di tutti era la mitologia del ribellismo, del cheguevarismo, del realismo magico, del “macondismo”, ispirata al villaggio immaginario di “Cent’anni di solitudine”, come stigmatizzato in un pamphlet acuto e urticante di un giornalista culturale di vaglia come Stenio Solinas, intitolato “Macondo e P38”, appunto.

Quella retorica fanghigliosa e demagogica, che ha intasato il dibattito culturale italiano per almeno due decenni e che tanfava di occupazioni liceali, pantere universitarie, materassi pataccati, sedute di autocoscienza alla “Ecce bombo”, Inti Illimani, poncho, gonnellone a fiori, espadrillas scalcagnate, puzza di piedi, pulci, forfora, rivoluzionarismo straccione, estetismo cubano e idolatria castrista - perché a un certo punto nemmeno Urss e Cina andavano più bene, a questi cialtroni: troppo Stato, troppa industria, troppo apparato, troppa prosa, rispetto agli stereotipi caraibici e alla vanagloria della guerriglia ai gringos - e tutto il resto della fuffa sgorgata dalla lettura mal digerita del magnifico romanzo di Garcia Marquez è tornata alla mente nei giorni scorsi alla notizia della scomparsa dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa.

Non tanto perché........

© La Provincia di Como