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La retorica sui libri che ci fanno migliori

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19.05.2025

Uno dei luoghi comuni più usurati che torna a ogni inaugurazione del Salone del libro è che i libri sono importanti. Sono importanti a prescindere. E che vanno letti. Letti a prescindere. Perché il libro, ogni libro, è bene in sé. E che, come da improvvida dichiarazione della direttrice della kermesse torinese Annalena Benini, “finché ci sono i libri c’è speranza”.

E’ un atto di fede che fa un po’ tenerezza, ma che soprattutto è falso. Non è affatto vero che i libri facciano bene di per sé e che l’importante non sia cosa si legga, ma che si legga, si legga, si legga! Basti pensare al povero Don Chisciotte - figura eminentemente comica e, quindi, eminentemente tragica - che a forza di divorare romanzi cavallereschi roboanti e rococò pieni di condottieri, maghi, giganti da sconfiggere e donzelle da salvare aveva perso il ben dell’intelletto, dando il via alla più straordinaria epica picaresca della storia della letteratura. Oppure alla povera Emma Bovary, che aveva a sua volta inzuppato la testolina vuota in una tale messe di romanzetti sentimentali sdolcinati strappalacrime su amore e seduzione da proiettarci dentro tutta la sua misera vita da donnetta da quattro soldi e costituendo così l’ossatura di quello che è forse il romanzo più bello dell’Ottocento, forse il romanzo più bello di sempre.

I danni che fanno i libri, signora mia, quando vengono ingurgitati da persone senza cervello e senza sensibilità e quando sono di livello così scadente da esaltare il peggio di quello che siamo.........

© La Provincia di Como