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La malattia, poi il trapianto di midollo. Una vita piena anche quando è storta

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01.12.2025

LA STORIA. Rossana Carrara, a 19 anni la prima diagnosi di leucemia, poi il melanoma. «Non cambierei una virgola».

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C’è un momento, anche in una vita ordinaria, in cui la luce chiede di essere tenuta stretta con entrambe le mani. Stephen King lo dice in modo spietatamente semplice: «Vai verso tutta la vita che c’è, con tutto il coraggio che riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. Sii valoroso, sii coraggioso, resisti. Tutto il resto è buio». Rossana Carrara ha fatto proprio questo. Ha camminato verso la vita anche nei momenti più difficili. Non per eroismo, ma per istinto, tenacia e determinazione. Attaccata alla luce, anche quando era sottile come la fiamma di una candela.

Oggi Rossana ha 48 anni, vive a Vertova, lavora da più di trent’anni come impiegata in un’azienda tessile, ha una casa, un marito, due gatti, una passione tenace per i libri e per i viaggi in camper. Se la incontri così, non diresti che nella sua biografia c’è una battaglia combattuta corpo a corpo con la morte. «Mio marito Luigi e io, purtroppo, non abbiamo figli, la malattia mi ha privata di questa gioia. Ma sono comunque molto felice. Ho una casa, un lavoro, i miei gatti Nerina e Rocky»

Nerina è tutta nera con una macchia bianca sul petto, una presenza domestica e fedele. Rocky è un randagio irrequieto: non ama la casa, non va d’accordo con l’altra gatta, entra ed esce come un pensiero libero. «Sono la crocerossina degli animali», dice Rossana sorridendo, e in quella battuta c’è già molto del suo modo di stare al mondo: prendersi cura, anche quando costa fatica.

La prima crepa nella normalità di Rossana arriva nel marzo del 1996, a diciannove anni. Sale una febbre improvvisa e ostinata, le ghiandole sono gonfie, il corpo stanco come se avesse già vissuto molte più vite di quelle che aveva. «All’inizio i medici hanno pensato agli orecchioni, che in età adulta possono manifestarsi con sintomi gravi. Ho preso un antibiotico dietro l’altro, ma non miglioravo. Sono comparse afte in bocca, lividi su braccia e gambe. Non riuscivo più ad alzarmi dal letto».

«Seguendo l’istinto ho detto a mia mamma: portami al volo al Pronto Soccorso, perché c’è qualcosa che non va»

Il suo addome si gonfia: «Era la milza, che non riusciva più a “mangiarsi” tutti quei globuli bianchi, ma lo abbiamo scoperto solo dopo». Il corpo parla, ma in una lingua che allora........

© L'Eco di Bergamo