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La fatica di essere Bruce Springsteen

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05.11.2025

Nel 1981, dopo l’esplosivo tour di The River, disco che conteneva canzoni così festaiole da scuotere le arene americane, Bruce Springsteen si trovava “tra il già e il non ancora”: per chi lo aveva visto dal vivo era «il futuro del rock» (così Jon Landau, allora critico musicale diventato poi più un fratello che un semplice suo manager), ma certamente non era ancora la rockstar mondiale di Born in the Usa, title track tanto possente quanto equivocata. È a quel punto che arriva Nebraska, cioè il clamoroso passo di lato, la “deviazione somma”.

Con gli occhi del mondo addosso in attesa della sua consacrazione definitiva, Springsteen ha avuto il coraggio di registrare un disco con solo chitarra e armonica, e di compiere il “sacrilegio” con un banalissimo registratore a quattro tracce nella camera da letto di casa sua. Nebraska, cupo e austero, uscì nell’82, e da allora è rimasto il suo lavoro più intimo, personale, doloroso. Per molti il più bello. Il perché di questa decisione, insieme alla “rabbia giovane” del Boss in quei mesi tempestosi, sono i temi di Springsteen – Liberami dal nulla, film scritto e diretto da Scott Cooper, con Jeremy Allen White nel ruolo del figlio prediletto d’America.

I concerti per combattere la depressione

Il film si concentra su una vicenda serissima: la prima depressione vissuta dal cantautore a inizio anni Ottanta (ne seguiranno altre) che ha letteralmente forgiato la creazione di Nebraska. Se i critici del Guardian, del Wall Street Journal, del New York Times in questi giorni si accapigliano per trovare il bandolo della matassa del biopic (si oscilla da «meglio il dylaniano A Complete Unknown» a «un film autentico fino al midollo»), almeno un elemento di giudizio risulta unanime in molte recensioni: se è vero che almeno 350 milioni di persone nel mondo sono in preda al “male oscuro”, la società ha assoluto bisogno di storie autentiche di chi lotta contro la depressione. E da alcuni anni, meritoriamente, Springsteen lo fa, arrivando a raccontare in Born to Run, la sua intrigante autobiografia uscita nel 2023, il vero motivo per cui i concerti con la sua E Street Band durano oltre le tre ore:

«Quando sono sul palco è l’unico momento in cui ho il controllo di quello che sta succedendo, delle mie emozioni, del mio stato d’animo. Durante quelle ore sono libero da me........

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