La sfida di un nuovo ordine mondiale
Shanghai Cooperation Organization (Sco) è un nome che abbiamo imparato a conoscere in questi ultimi giorni, benché l’organizzazione esista da quasi un quarto di secolo, già nel 2017 aveva segnato un salto di qualità, con l’ingresso di India e Pakistan. Erede del “Shanghai Five Group”, nato nel 1996 come trattato di fiducia militare fra Cina, Russia e alcune repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, ha sempre evocato un mondo multipolare, fin dalla dichiarazione del 1997 firmata da Boris Eltsin e Jiang Zemin.
Oggi però ha guadagnato le prime pagine delle cronache mondiali perché, nei giorni scorsi, la Cina ha messo in scena un impressionante sfoggio di potenza politica e militare: a Tianjin ha radunato i ventisei membri dell’organizzazione (tra aderenti, osservatori e partner), chiudendo l’evento con una parata militare epica che ha esibito, come mai prima d’ora, forza e tecnologia bellica cinese.
Non può non sorgere una serie di interrogativi. Tutti i principali commentatori hanno rilevato come dietro questa iniziativa si manifesti la volontà, da parte della Cina di Xi Jinping e più in generale del cosiddetto Sud globale, di costruire una nuova governance mondiale. Come ha dichiarato il ministro degli Esteri cinese, il Sud globale «non è più la maggioranza silenziosa».
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