Il problema di Sala non è giudiziario, ma politico
Penso che la fine anticipata del mandato di Beppe Sala sia solo rimandata. Sono lo stesso Sala e Giancarlo Tancredi ad averlo detto, neanche troppo tra le righe, nella seduta con cui il primo cittadino ha riferito all’aula di Palazzo Marino dopo la notizia diffusa a mezzo stampa della sua iscrizione nel registro degli indagati. Entrambi sono stati molto chiari sul destino politico dell’attuale giunta milanese.
Sala aspetta la sinistra al varco
Il primo perché ha detto di aspettare al varco il centrosinistra sul progetto di nuovo stadio, con il carico di contraddizioni irrisolte tra ambientalisti duri e puri e chi si rende conto che solo con grandi investimenti privati si può rigenerare un intero quadrante della città («Se su queste basi la maggioranza che mi sostiene c’è – e c’è coraggiosamente, con responsabilità e cuore – in antitesi a credere, obbedire e combattere, come affermava Antonio Greppi, io ci sono»).
Il secondo, per il quale c’è addirittura una richiesta d’arresto che lo ha portato a rassegnare le dimissioni, dicendosi «deluso» dalle forze di maggioranza e considerandosi «capro espiatorio» sacrificato in nome di una nuova fase urbanistica. È del tutto evidente che quanto successo nell’aula del Consiglio comunale di Milano lascerà nei prossimi mesi ferite aperte che difficilmente si rimargineranno e faranno esplodere tutti i contrasti interni.
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