Tutti gli occhi sulla Flotilla. Gaza passa in secondo piano
«Tutti gli occhi su Gaza»: così recita lo slogan dipinto sulla chiglia di una delle 47 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, che si trova ormai a pochi giorni di navigazione dalle acque palestinesi occupate da Israele. Ma, per una strana quanto rivelatrice eterogenesi dei fini, da giorni non è della Striscia che tutti parlano; non sono i bisogni o lo strazio dei palestinesi a campeggiare sulle prime pagine di tutti i giornali. Non c’è più spazio sui media per Gaza, perché attivisti, governi e trasmissioni televisive sono troppo impegnati a evitare che la banda degli «irresponsabili» finisca nei guai.
«Non bisogna cercare il massacro»
Da quando è salpata da diversi porti del Mediterraneo, la Flotilla si è assottigliata. Soprattutto dopo l’ultimo scalo a Cipro, l’ultimo utile prima di arrivare a Gaza, molti attivisti, tra i quali almeno una decina di italiani, hanno deciso di restare a terra e di interrompere il viaggio.
Come il fotoreporter fiorentino Niccolò Celesti, che al Corriere ha dichiarato:
«Sono sbarcato perché non ero più allineato alle idee del comitato direttivo. (…) Prima di partire ci era stato chiaramente detto che l’obiettivo non era quello di entrare nelle acque territoriali di Gaza. “Rompere l’assedio” era uno slogan, la linea rossa era di non entrare nelle acque controllate da Israele. (…) Le missioni umanitarie vanno fatte con raziocinio, senza andarsi a cercare il massacro, e con un po’ di disponibilità a trattare diplomaticamente. (…) Io non ero venuto a martirizzarmi senza razionalità».
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