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Il piano di riarmo europeo favorisce solo la Germania

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22.03.2025

Poco importa se il piano ReArm Eu si chiamerà ora Readiness 2030. La mutata terminologia non cambia la sostanza: il riarmo europeo, alla fine, non sarà affatto comunitario ma soltanto di chi se lo può permettere. Il riarmo europeo, cioè, si riduce al riarmo tedesco.

Berlino infatti ha archiviato l’epoca del rigore di bilancio, approvando ieri in via definitiva la modifica costituzionale che elimina il tetto al debito e libera spazio fiscale per investimenti multimiliardari su Difesa, infrastrutture e transizione digitale.

Gli altri stati europei, soprattutto quelli del Mediterraneo, stanno a guardare, indecisi se provare più invidia o paura, e se da un lato sperano che la ripartenza dell’economia tedesca favorisca tutta Europa, dall’altro temono che si verificheranno distorsioni del mercato interno.

Chi paga il riarmo “europeo”?

Il Consiglio europeo è iniziato con grandi speranze, proclami altisonanti sull’unità da sbattere in faccia a Donald Trump e Vladimir Putin, sulla necessità di mettersi insieme per difendere il Continente e affilare gli «aculei» del «porcospino d’acciaio» citato da Ursula von der Leyen. Ed è finito, come al solito, con i Ventisette divisi sul tema cruciale: chi paga il riarmo “europeo”?

I paesi già fortemente indebitati e con scarso spazio di manovra a livello di bilancio – Italia, Francia e Spagna – hanno chiesto di mutualizzare il debito. La Commissione europea, infatti, permetterà agli stati membri di sforare il tetto del deficit e aumentare le spese per la Difesa dell’1,5% del Pil all’anno per quattro anni senza rischiare che venga aperta una procedura di infrazione. Ma dopo quattro anni, chi avrà attivato la clausola (e la decisione va presa entro il 30 aprile), dovrà rientrare e ridurre il debito accumulato.

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