Dazio c’è, dazio non c’è. Così Trump obbliga tutti a trattare
Parola d’ordine: trattare. Se serviva una conferma del fatto che Donald Trump è l’homo politicus per eccellenza, la guerra commerciale agitata dal presidente americano l’ha fornita. I dazi annunciati con rullare di tamburi e sgomento internazionale, e poi sospesi con reciproca soddisfazione delle parti, sono la dimostrazione che l’agire politico di Trump è ruvido e poco convenzionale, certo, ma tutt’altro che irrazionale.
Il metodo Trump
Sabato il tycoon aveva annunciato l’introduzione di dazi al 25% sulle importazioni da Messico e Canada e al 10% su quelle dalla Cina con l’obiettivo di punire questi paesi per il loro coinvolgimento nell’afflusso di immigrati illegali e fentanyl negli Stati Uniti.
Dopo aver fatto la voce grossa per non sfigurare davanti alle rispettive basi politiche, la presidente messicana Claudia Sheinbaum e il premier canadese dimissionario Justin Trudeau si sono subito seduti al tavolo delle trattative.
Città del Messico ha promesso di schierare diecimila soldati al confine per bloccare droga e migranti, Ottawa ha giurato che implementerà un piano al confine da 1,3 miliardi per raggiungere gli stessi obiettivi. Così, Trump ha sospeso per un mese le sanzioni in vista di nuovi negoziati esultando sui social e mandando in solluchero i suoi elettori.
La guerra commerciale con la Cina
I dazi alla Cina invece sono stati confermati e Pechino ha risposto annunciando l’imposizione di tariffe al 15% sulle importazioni di carbone e gas naturale liquido dagli Usa, oltre a dazi del 10% sulle importazioni di petrolio greggio, macchinari agricoli,........
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