«La morte in Myanmar è dappertutto»
Tutti i nomi degli intervistati sono stati modificati per ragioni di sicurezza.
«Sono ancora fuori di me». Tony è uno dei tanti abitanti di Mandalay, la seconda città più grande del Myanmar, a cui il devastante terremoto di venerdì 28 marzo ha tolto tutto. Aveva appena finito di pranzare il 32enne e stava andando in camera per riposarsi quando la terra ha iniziato a tremare violentemente. «Sono rimasto scioccato e mi sono precipitato fuori di casa», racconta a Tempi. «Ho fatto appena in tempo. Il palazzo dove vivevo è crollato, ma per fortuna nessuno è rimasto ferito».
A una settimana dal sisma, Tony dorme ancora per strada, all’aperto. Di andare da parenti e amici non se ne parla: «Siamo tutti scioccati e traumatizzati. Non osiamo dormire in casa, abbiamo troppa paura che arrivino altre scosse. Ma ci sono persone molto più in difficoltà di me, quindi non voglio lamentarmi».
Più di 3.000 le vittime del terremoto
Il terremoto di magnitudo 7.7, 300 volte superiore a quella del sisma che colpì Amatrice, ha fatto almeno 3.145 morti e 4.589 feriti, mentre 221 persone risultano disperse. Ma le cifre sono in continuo aggiornamento. Nella parte centrale del paese, la più vicina all’epicentro, si continua a scavare e sono ancora centinaia gli edifici sbriciolati che non sono stati controllati dai soccorsi.
I mezzi del Myanmar sono limitati. Non solo perché il paese controllato dal regime militare del dittatore Min Aung Hlaing è provato da quattro anni di feroce guerra civile, ma anche........
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