Uno Stato ai palestinesi: l’Anp chiama in causa i paesi arabi. Qualcuno risponderà?
La dichiarazione di Mohammed Mustafa, capo del governo della Autorità Nazionale Palestinese (Anp), erede controllata dell’Olp di Arafat, unica formazione palestinese riconosciuta a livello internazionale, cambia la prospettiva e apre a una possibile benché ardua ripresa dello “spirito di Oslo”, gli accordi tra Israele e palestinesi che nel 1993 aprirono alla tanto invocata quanto disattesa “soluzione a due Stati”. Mustafa chiede che la Hamas consegni le armi, rilasci gli ostaggi e permetta l’avvio di un dialogo con Israele che deve rinunciare alle pretese sulla Cisgiordania, per una soluzione di pace «in coordinamento con una forza araba».
È solo propaganda? Molto dipende da cosa faranno proprio gli Stati arabi. Questa volta la responsabilità non è (solo) dell’Occidente. Isolata e divisa, l’Autorità Nazionale Palestinese non può certo contrastare Hamas e le fazioni oltranziste, né può appoggiarsi a Israele o agli americani.
La tragedia di Gaza, le difficoltà di Israele
Doveva essere una riunione preparatoria a livello ministeriale, l’incontro di New York alle Nazioni Unite in vista della assemblea generale dell’Onu di settembre che esaminerà la questione palestinese e “se” esista ancora un futuro per una soluzione a due Stati, ma in due giorni la Storia ha accelerato il passo e cambiato il tono della riunione. Fino al discorso del primo ministro palestinese.
Difficile considerare una semplice coincidenza il fatto che proprio prima del vertice le notizie da Gaza sono diventate sempre più allarmanti. Non che prima non lo fossero, sia chiaro, ma da alcune settimane l’eco di quanto succedeva nella Striscia sembrava interessare di meno e le notizie scivolavano dalla prima pagina o erano ridotte a brevi collegamenti di 50 secondi nei Tg.........
© Tempi
