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Libano sospeso tra l’attesa del Papa e lo spettro di un’altra guerra

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12.11.2025

È passato un anno dalla tregua tra Israele ed Hezbollah, la milizia-partito sciita filoiraniana, dal rientro dei profughi fuggiti dal Sud del Libano e dal Nord di Israele. Mancano meno di venti giorni alla visita di papa Leone XIV, a Beirut c’è finalmente un presidente eletto dal parlamento, un governo di unità nazionale che sta varando la riforma del sistema bancario che permetterà l’afflusso di denaro dal Fondo monetario internazionale per rilanciare l’economia e ristrutturare il debito dello Stato.

Ci sono dunque motivi per poter sperare nella tanto attesa ripresa, nella rinascita del paese e delle sue istituzioni mutilate dalle divisioni e dalle guerre: la visita del Pontefice, che andrà a pregare al porto di Beirut, teatro cinque anni fa della esplosione dei silos stipati di nitrato di ammonio che distrusse quasi un quarto della città, uccidendo 218 persone e lasciandone 300 mila senza casa (una tragedia sulla cui causa non è mai stata fatta chiarezza e l’inchiesta è ferma), potrebbe essere il segnale definitivo di un nuovo Libano, “messaggio per il mondo” come lo definì san Giovanni Paolo II.

Era il 1997: il Papa dal santuario mariano di Harissa che domina i monti e il mare e le foreste di cedri vedeva un futuro costruito sulla convivenza di 18 confessioni religiose, lo stesso futuro cui guardò Benedetto XVI quando presentò nel 2012 la sua esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente, il suo ultimo documento prima della rinuncia al papato. Un testo magistrale fondamentale per il dialogo tra le grandi religioni e la convivenza dei popoli nella regione, e non a caso decise di firmarlo proprio in Libano.

Ma molti ora guardano con ansia a quello che potrebbe accadere dopo visita di Leone XIV: dicembre potrebbe essere il mese di una nuova guerra, non il coronamento di una ritrovata pace.

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Il primo passo verso la stabilità dopo il cessate il fuoco sancito lo scorso anno doveva essere il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, dai villaggi libanesi e la consegna da parte di Hezbollah delle armi all’esercito regolare, rientrato a Sud di Sidone, da dove si era ritirato vent’anni fa lasciando campo libero ad Hezbollah, con 12 mila Caschi blu dell’Unifil, la forza Onu, a presidiare la tregua, e tra questi oltre mille italiani.

La tregua, spesso interrotta da scontri, lanci di missili e droni, si era trasformata in guerra aperta dopo il 7 ottobre del 2023, il massacro di Gaza: Hezbollah per dare manforte ad Hamas aveva sommerso l’alta Galilea con una pioggia di missili, forte del sostegno iraniano. Israele aveva reagito con bombardamenti massicci sul Sud, sul centro di Beirut e sui........

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