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La gran fede di Eleonora Giorgi

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04.05.2025

Lo so che non si fa. Ma quando si trova una cosa di valore si dimenticano tutte le regole giornalistiche e si scrive anche di fatti e cose successe un po’ più di un mese fa. E chissenefrega dell’attualità (vedo già il gran direttore innalzare perplesso il sopracciglio). È un po’ come il mercante che trova un tesoro nascosto in un terreno: lascia perdere tutto, va, vende quello che ha e compra il terreno. Il fatto dunque è questo ed è apparso d’improvviso al funerale di Eleonora Giorgi. I funerali, si sa, sono ormai quei momenti un po’ improbabili in cui chi sta su (il prete) dice delle cose senza nemmeno avere tanto l’aria di credere a quello che dice e chi sta sotto sente delle cose senza nemmeno avere tanto l’aria di ascoltare.

In più, ormai è diventato moda, alla fine ecco il minishow col ricordo del parente o dell’amico. Uno dei momenti più terribili, enfatici e noiosi, banali e sentimentali che possa essere inflitto a un’umanità dolente. Un armageddon da stare al pari, che so, a una rubrica di un Gramellini, o a un blog di Lerner, o a, Dio ci scampi e liberi, un articolo di un Corrado Augias, un Massimo Giannini, un Roberto Saviano, un Marco Travaglio (lo so che non siete d’accordo ma ci metterei anche un Matteo Salvini).

Una gran sorpresa

Eleonora Giorgi, a dirla tutta, ce la ricordavamo per quelle sue commedie pseudo-sexy degli anni Settanta e Ottanta e ce la ricordavamo querula, garrula, sempre un po’ su di giri e un po’ antipatichina anche. Per dire, rimane stampata nella memoria un’intervista Rai che la vede rispondere piccata al giornalista (che le faceva notare le non eccelse qualità delle sue prove d’artista): «Ma guardi che io non sono come le altre. Io, nella mia famiglia, fin da piccola mi facevano leggere autori importanti». An’vedi un po’ la........

© Tempi