Addio all’uomo partita: il rugby inglese lo trova offensivo
Immaginate la scena: Twickenham, autunno, nebbia che odora di birra e linimento, corpi che si scontrano come cingoli, fango, sangue, sudore. Al centro di questo teatro di virilità primordiale, il biondo Henry Pollock – nome da romanzo ottocentesco, cazzonaggine da ventenne, fisico da gladiatore – schiaccia la meta decisiva e urla qualcosa tipo «pass the damn ball to zir, ze’s unstoppable today!». Poi lo premiano non come man of the match, ma come player of the match. Sai mai che, dopo la doccia, si scopra Harriet.
Eh no, guai. Con tempismo discutibile l’England Rugby ha deciso di farsi più progressista dei progressisti dichiarando offensivo “l’uomo partita”. Nel 2023 ha pubblicato una guida linguistica per le squadre inglesi che raccomanda agli addetti ai lavori di non usare pronomi sessuati e formule come “man of the match” o “chairman”, sostituendoli con l’ineffabile neutralità di “player” e “chair”. La stampa, inglese (e italiana) se n’è accorta ora, e quello che ne emerge è un piccolo capolavoro di follemente corretto come non se ne sentiva dalla pubblicazione, otto anni fa, dell’abecedario liberal «inclusivo e senza mezzi termini» del Nyt.
Perché il rugby placca l’uomo partita
Secondo il documento saccheggiato dal © Tempi





















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