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La tassa di successione non ha nulla di bolscevico

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Marchionne raccontava in un video, divenuto virale, come nei suoi viaggi incontrasse manager e capitani d’industria stranieri entusiasti dell’Italia e delle sue bellezze. Uno di loro si dilungò per un’ora a descrivergli il casale nelle Marche che aveva appena acquistato. Alla domanda di Marchionne: «E sul piano industriale, investiresti in Italia?» la risposta era quasi sempre la stessa: «Ma sei matto?»

Quel racconto fotografa bene una caratteristica della nostra economia: l’Italia è un Paese in cui la rendita appare più conveniente dello sviluppo. Abbiamo tasse sugli immobili tra le più basse al mondo, un’imposta di successione praticamente inesistente e, al contrario, un carico fiscale su imprese e cittadini tra i più alti, accompagnato da una cronica depressione salariale.

Questo squilibrio non è un destino immutabile. Può essere corretto, gradualmente, senza scossoni rivoluzionari, in una direzione che premi di più l’intrapresa, renda i salari più competitivi e, al tempo stesso, scoraggi il mantenimento di ricchezze improduttive tramandate di generazione in generazione (di nullafacenti).

Se allarghiamo lo sguardo oltre i nostri confini, il quadro........

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