Passione rapace: falchi, gufi e civette incantano sempre più italiani
Tra falconeria e falcofilia, sempre più italiani riscoprono l’antica arte di far volare civette, gufi, barbagianni, falchi… Con loro creano rapporti simili a quelli con gli animali da compagnia. Ma c’è anche tanta pericolosa approssimazione
Falchi pellegrini. Barbagianni. Ma anche civette e gufi. Rapaci che incantano sempre di più giovani e donne. Persone che si aggiungono alle già nutrite file degli appassionati di falconeria in Italia, che secondo stime non ufficiali ammontano a diverse migliaia. Un boom silenzioso che va in atto nei circoli – circa 100 in tutto il Paese – dove aquile e falchi sono i protagonisti assoluti, in memoria di tempi antichissimi. La pratica della falconeria italiana è stata riconosciuta nel 2016 dall’Unesco come Patrimonio culturale intangibile dell’Umanità, e vanta origini antichissime.
«In Italia il massimo esponente di questa nobile pratica è stato l’imperatore Federico II di Svevia, che nel XIII secolo scrisse il trattato De arte venandi cum avibus, considerato un capolavoro della letteratura sulla falconeria», spiega Fabrizio Piazza, presidente dell’Associazione nazionale Circolo falconeria maestra che raggruppa oltre 100 falconieri italiani selezionati e partecipa a manifestazioni in tutto il mondo. «Con il tempo questa pratica secolare ha smesso di essere solo una prerogativa di nobili e aristocratici, ma è diventata un’arte destinata a tutti gli amanti e gli appassionati dei rapaci. Il principale focus dell’addestramento in falconeria resta comunque, oggi come allora, l’incredibile rapporto tra uomo e rapace, basato su profondi sentimenti di fiducia e rispetto, con un’unica finalizzazione: la caccia. Tutti gli altri appassionati che si avvicinano ai rapaci dovrebbero essere battezzati come falcofili. Si tratta di una distinzione fondamentale, per capire appieno di cosa si sta parlando».
Insomma, il falconiere è chi pratica attivamente la falconeria, ovvero........
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