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Le case fantasma sono figlie dello Stato, non del mercato

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La crociata contro gli immobili non dichiarati si presenta come moralizzazione, ma nasce da un sistema che rende impraticabile la legalità e punisce l’adattamento come colpa.

L’operazione annunciata dal Parlamento contro le cosiddette “case fantasma” viene presentata come un intervento di legalità, efficienza e modernizzazione fiscale. Si promette di utilizzare tecnologie di telerilevamento, fotointerpretazione digitale e verifiche amministrative per individuare milioni di immobili non dichiarati, costringendo i proprietari ad aggiornare le mappe catastali o subire l’attribuzione d’ufficio di rendita presunta, sanzioni e un potenziale contenzioso urbanistico-edilizio affidato ai Comuni. È un’azione che, a livello comunicativo, si fonda sull’idea che esista un vasto esercito di evasori, furbi e predatori che nascondono patrimonio immobiliare e che lo Stato, finalmente, abbia trovato gli strumenti per stanarli. Il ricorso al Pnrr è la giustificazione politica, la scenografia tecnologica è la copertura tecnica, la retorica moralistica è il motore emotivo.

Tutto questo presuppone che l’irregolarità sia una scelta deliberata di chi vuole frodare il fisco. Invero, la realtà, ben più scomoda, è che l’irregolarità è spesso l’esito obbligato di un sistema che rende costoso, lento e rischioso entrare nella legalità. Chi vive o gestisce un immobile marginale, privo di rendita o non........

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