Mosca dipende dalla chimica occidentale
L’industria bellica russa, che il Cremlino presenta da anni come baluardo di autosufficienza tecnologica, poggia in realtà su fondamenta sorprendentemente fragili. Dietro l’immagine di un Paese capace di produrre in massa missili, carburanti aeronautici e materiali per protezioni balistiche, si nasconde una dipendenza strutturale da componenti chimici e catalizzatori importati, spesso provenienti proprio da quelle economie che Mosca considera ostili. La guerra contro l’Ucraina ha accelerato i consumi e ampliato le necessità di approvvigionamento, rivelando un paradosso imbarazzante: la macchina militare russa funziona solo grazie ai flussi commerciali di Stati che, dichiarandosi “neutrali”, chiudono un occhio sui reali utilizzi finali dei loro prodotti.
Nelle filiere della petrolchimica e dei carburanti speciali, la vulnerabilità è evidente. Senza catalizzatori di raffinazione avanzati, additivi ad alta purezza, resine cationiche e una lunga lista di reagenti, le raffinerie russe non riuscirebbero a produrre né il carburante per i caccia né quello, ancor più delicato, per........





















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