Emotivamente corretto, 50 anni di lavaggio del cervello
Non esistono questioni sociali, ma solo problemi emotivi. La durezza del vivere impone il concetto di resilienza. Non c’è posto per la provocazione beckettiana del “prova ancora, fallisci di nuovo, fallisci meglio”. Impensabile quasi al limite dello scandalo, secondo i santoni di una cultura contemporanea che vede nel mondo interiore dell’individuo il luogo in cui emergono e in cui si ritiene debbano essere risolti i problemi della società.
Lo spostamento dell’accento dalla vita sociale alla vita interiore dell’individuo ha prodotto un riorientamento di una vita intellettuale sempre più orientata sul sé. E poiché questo “sé” è definito da sentimenti e soprattutto emozioni, lo stato emotivo viene spesso considerato l’elemento chiave che determina il comportamento individuale e collettivo. Risultato? I problemi sociali vengono interpretati esclusivamente come problemi individuali che non hanno nessun legame diretto con l’ambito sociale. La società non si tocca. Le politiche dei governi neppure. I modelli socioeconomici dominanti non vengono messi in discussione. Le questioni pubbliche vengono ridefinite come problemi privati, utilizzando il linguaggio individualizzato della terapia. Ogni problema sociale è oggi reinterpretato in una lettura psicologica: non c’è un problema più in generale, ma solo inadeguatezza personale, ansia, conflitti, nevrosi e sensi di colpa. O ti adatti o muori. O vai dallo psicanalista. Non ci sono più fondamenti sociali e culturali dell’identità individuale e, se ci sono, vanno trascurati: è l’imperativo della cultura terapeutica dominante.
Secondo il sociologo Frank Furedi, il modello angloamericano ora globalizzato ricorre alle emozioni per spiegare problemi che in passato avrebbero messo la........
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