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Giuli, Report e il mistero dell’aquila tatuata

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29.10.2024

Era stata presentata come il siluro destinato ad affondare la navicella del Governo Meloni. La trasmissione Report, in onda domenica sera su Rai 3, nelle intenzioni dei curatori del programma, avrebbe dovuto essere un trionfo di fuochi d’artificio nel racconto delle malefatte del ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Appunto, avrebbe dovuto. Ma non è andata propriamente come i tifosi dei veleni contro la destra avrebbero sperato. Più che un fuoco d’artificio, la sedicente inchiesta si è rivelata neanche un innocuo petardo. Il tutto si è risolto in un maleodorante intruglio di gossip, insinuazioni, ricostruzioni storiche e filosofiche pasticciate. Il solito stile “report”: inchieste di quart’ordine condite con robuste dosi di scandalismo ancorato al nulla.

Perché tanto scrupolo nel cercare tra le pieghe della vita delle persone di destra elementi validi a sostenere ipotesi corruttive nella gestione della cosa pubblica non è stato impiegato negli anni addietro quando a occupare con mano di ferro il ministero della Cultura c’era la sinistra? Report dov’era? “Notiziona” per i compagni: Alessandro Giuli resta al suo posto e il Governo non cade. Chiuso il capitolo del trash, occorre comunque che il centrodestra si guardi allo specchio e si racconti la verità. Perché non va tutto bene, madama la marchesa. Se Giuli è finito sulla griglia mediatica non è che sia stato lui, sua sponte, a porgere le terga ai carboni roventi. È evidente che qualcuno, dall’interno della coalizione, ce lo abbia messo. Chi? Il problema è sorto e si è sviluppato nell’ambito del mondo “multietnico” di Fratelli d’Italia. Parliamo di etnie culturali e ideologiche. Probabilmente, non sarà il massimo dal punto di vista lessicale, ma utilizzare la derivazione dal greco ἔϑνος a proposito delle tribù identitarie che convivono nel partito di Giorgia Meloni rende l’idea.

Giuli non è quello che potrebbe definirsi, per stare all’interpretazione del marxismo di Antonio Gramsci, il tipico intellettuale organico al partito. Lo si evince dalle diverse biografie. Da un lato, quella di Alessandro Giuli; dall’altra, quella della maggioranza dei quadri dirigenti di Fratelli d’Italia. La leader Meloni, tra gli ingredienti da combinare per la ricetta perfetta della presa del potere, ha dovuto inserire una ragionevole quantità di ecumenismo ideologico-culturale allo scopo di tenere sotto lo stesso tetto le molte anime di cui si compone la destra italiana. Al primo........

© L'Opinione delle Libertà


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