Gli architetti dell’Ia e l’etica della tecnoscienza: tutto è possibile
La copertina di Time dell’11 dicembre scorso ha sollecitato diverse riflessioni che meritano attenzione. In particolare, Paolo Benanti e Sebastiano Malfettone, sul Corriere della Sera del 20 dicembre 2025, vi individuano un sintomo eloquente del nostro tempo: dove nel 1932 la rivista ritraeva, come è noto, operai in pausa pranzo su una trave durante la costruzione di un grattacielo newyorkese, oggi siedono sulla stessa trave sospesa nel vuoto Mark Zuckerberg e Sam Altman, gli “architetti dell’Intelligenza artificiale”. La continuità visiva – la medesima immagine, la stessa posa – celerebbe una frattura profonda. Non più chi costruisce con le mani materiali e cemento, ma chi plasma con gli algoritmi coscienze e linguaggi. Il passaggio segna, sostengono gli autori, una trasformazione che va oltre il sociale: “Dal materiale all’immateriale”, dai corpi alle emozioni. Se Karl Marx permetteva di leggere lo sfruttamento novecentesco e Michel Foucault ne svelava i meccanismi disciplinari sui corpi, oggi – richiamando Byung-chul Han – si tratterebbe di una mutazione più radicale: dalla biopolitica alla psicopolitica, “dal controllo dei corpi al controllo delle emozioni”. Le tecnologie digitali, secondo gli autori, non si limitano a sorvegliare, come aveva intuito Shoshana Zuboff parlando di “capitalismo della sorveglianza”, ma penetrano nell’intimo, trasformando affetti e desideri nella “materia prima del capitalismo digitale”.
La preoccupazione si fa ancora più concreta quando lo stesso Sam Altman ammette che l’Intelligenza artificiale raggiungerà capacità di........





















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