Quell’anno con «il cuore in valigia». «Poi il trapianto e di nuovo il battito...»
LA STORIA. Giuliano Losi: «È stato come nascere una seconda volta». Ora va in montagna con gli amici di «A spasso con Luisa».
Accedi per ascoltare gratuitamente questo articolo
Quasi un anno trascorso vivendo con «il cuore in valigia», un trapianto arrivato in extremis all’ospedale Papa Giovanni XXIII. Un percorso affrontato con una volontà di ferro che gli ha permesso di sopportare il dolore e superare tutto: Giuliano Losi è uno che non si arrende.
La speranza è il suo motore, e ogni sfida lo fa «rombare» più forte. È sempre pronto a dimostrare di poter superare qualunque prova, anche la più dura, con un coraggio e una tenacia che trascendono le leggi fisiche. Gli piace dimostrarlo sempre, anche con gli amici trapiantati durante le passeggiate in montagna dell’iniziativa «A spasso con Luisa»: «Occasioni preziose - sottolinea Giuliano - per respirare in quota l’aria fina e migliorare il proprio benessere mentale e fisico, affrontando itinerari adatti a tutti». Com’è nella sua natura, alza un po’ la posta: «A me piace osare - scherza -, perciò inserirei nel programma anche percorsi un po’ più difficili, come quello per il Rifugio Coca, che però di sicuro non è adatto a tutti. Per me è stata una soddisfazione incredibile arrivare in cima».
Bergamasco d’adozione (per motivi di salute), Giuliano ha 62 anni e vive con la sua famiglia a Vidigulfo, in provincia di Pavia. Ha scoperto di avere problemi di cuore intorno ai 50 anni, dopo un episodio per lui insolito: «Avevo la pressione e il battito cardiaco elevati, così sono andato a farmi visitare. I medici mi hanno sottoposto ad alcuni esami, ma non hanno riscontrato particolari problemi. Dopo qualche settimana, però, ho avvertito di nuovo dolori al petto e una tosse anomala. Visto l’esito del controllo medico precedente, non gli ho dato troppo peso, pensavo fosse colpa del lavoro e dello stress».
Così ha partecipato tranquillamente a una gara di pesca, una delle sue più grandi passioni. A un certo punto, però, si è sentito male, e stavolta si trattava davvero di un infarto devastante: «Il dolore al petto era così intenso che non riuscivo più a stare in piedi, ho dovuto inginocchiarmi e ho chiamato i soccorsi. Mi hanno portato all’ospedale di Treviglio. Mi ricordo di aver tentato di resistere all’anestesia prima che mi operassero, perché temevo di non svegliarmi più».........
© L'Eco di Bergamo
