«A Bergamo l’epicentro. Perché proprio qui? Ancora oggi non si sa»
CINQUE ANNI DAL COVID. Bombana: il 23 febbraio il primo positivo e iniziò il dramma. Di Marco: solidarietà vincente. Gianatti: eravamo come al fronte.
Bergamo
Attorno alle 9 del mattino di domenica 23 febbraio 2020, Enrico Bombana, all’epoca medico delle Malattie infettive dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo uscì con passo deciso dal reparto. Doveva andare in corridoio, dove il telefono prendeva meglio; sulla porta incontrò una anziana, nelle mani aveva due borse con dei vestiti da portare a un paziente lì ricoverato: «Non è nel mio carattere, ma la fermai bruscamente – ricorda Bombana, oggi direttore della Struttura complessa Vaccinazioni e sorveglianza malattie infettive dell’Asst Bergamo Est –. Le dissi: “Signora, lei dove va? Da adesso non si può più entrare, le faremo sapere”. Lo dissi così, senza troppe giustificazioni. Stava iniziando tutto».
Pochi minuti prima era stato proprio Bombana, quella mattina era di guardia, a ricevere l’esito del referto – via fax dai laboratori del San Matteo di Pavia – che ufficializzava la prima positività di un paziente bergamasco al Sars-CoV-2: «Andai subito a comunicarlo al mio primario, il dottor Marco Rizzi (in pensione dalla scorsa estate, ndr), che mi indicò di chiudere immediatamente il reparto e avvisare la direzione, e così si fece – ricorda Bombana –. Alle 11,20 ci arrivò una telefonata dall’ospedale di Alzano, dove era stato individuato un altro positivo. Fu una giornata lunghissima, che terminò alle 2 di notte: tutti i colleghi tornarono in servizio, occorreva approntare posti letto in reparto perché nel frattempo arrivavano i pazienti in pronto soccorso. L’ospedale stava iniziando a scaldare i motori».
Nella prima ondata, Bombana ha........
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