Educare o punire, la voce “solitaria” di Manconi nel gran chiasso del populismo
Femminicidi, immigrazione, sicurezza. La risposta della politica ai fenomeni sociali è sempre la stessa: introdurre nuovi reati. Anche quando i numeri ci raccontano un’altra storia, anche quando sappiamo che la curva dei reati violenti è in discesa.
L’equazione resta invariata. E chi contribuisce all’allarme, resta sordo a un dato ormai acquisito: la “spada penale” non può essere la ricetta contro ogni male. E di certo non “cancella” i problemi con cui ci confrontiamo come per magia, se alla sanzione non affianchiamo mai gli strumenti dell’educazione.
Di tutto questo si è parlato sabato 16 maggio con Luigi Manconi, ospite del Dubbio nella cornice del Salone del libro di Torino. L’incontro era imperniato sui due poli del dibattito - “educare o punire” - che si è ripresentato con forza in seguito agli ultimi provvedimenti licenziati dal governo Meloni. Non soltanto con il decreto Sicurezza approvato “senza” Parlamento, ma anche sui reati di genere, con il ddl sul femminicidio presentato dall’esecutivo in occasione dell’8 marzo.
Il provvedimento introduce una fattispecie autonoma e la lega all’ergastolo. Affidandosi ancora una volta, ragiona Manconi, «a un’ipotesi smentita da tutte le ricerche scientifiche sul tema, secondo la quale maggiore è la sanzione, minori sono i reati». «Ma è dimostrato da cinquant’anni sottolinea - che........
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