Custodia cautelare: quella retorica populista che nasconde l’abuso italiano
Quando l'allora ministro della Giustizia Andrea Orlando propose la sacrosanta ma naufragata riforma del sistema penitenziario, Il Fatto Quotidiano titolò: “Spacciatori in libertà!”. Non solo. Più di recente, di fronte all'intenzione dell'attuale ministro Nordio di limitare la carcerazione preventiva, lo stesso giornale ha denunciato un presunto tentativo di “salvare i colletti bianchi indagati”. Questa retorica – secondo cui i colletti bianchi non finirebbero mai in carcere – finisce paradossalmente per danneggiare tutti gli altri, impedendo qualsiasi riforma seria del sistema.
In sintesi: a destra domina il populismo penale, a sinistra quello giudiziario, che ha sostituito la “lotta di classe” con la “lotta penale”. Ed ecco che Il Fatto Quotidiano, in prima pagina, parla di libertà non solo per i colletti bianchi, ma anche per i presunti delinquenti comuni. Praticamente condensa il peggio di entrambe le derive. C'è qualcosa di profondamente disturbante in questa contraddizione permanente, in questa narrazione che emerge ogni volta che si parla di riforma della custodia cautelare.
L’articolo di ieri rappresenta l'ennesimo esempio di quella che potremmo definire “demagogia giustizialista”, capace di trasformare un tentativo di riequilibrio costituzionale in un presunto “salvacondotto per i corrotti”. La retorica è sempre la stessa: si agitano gli spettri dei colletti bianchi, si evocano casi di corruzione, si grida allo scandalo. Ma dietro questa cortina fumogena si nasconde una realtà che i numeri........
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