Lo Yucatán è il cuore più autentico del Messico
Qui i Maya non sono un ricordo, ma una presenza viva. Parlano la loro lingua, oggi ancora. Coltivano la loro terra, celebrano i loro dei. Camminare in questa penisola significa attraversare secoli di storia che non si sono mai davvero conclusi. Non è solo un luogo da visitare: è l’incontro con un popolo che continua a custodire la propria eredità con fierezza e silenziosa dignità.
Da millenni i Maya modellano la materia e lo spirito. Con le ossa e le corna degli animali hanno creato utensili, ornamenti e oggetti rituali che raccontano il legame tra la vita e il sacro. Hanno inciso conchiglie, scolpito la giada — la pietra del potere — e levigata fino a darle forma divina. Nei loro manufatti si intrecciano conoscenza e fede, bellezza e cosmologia. Con l’ossidiana osservano il sole, quando e’ lassù e nessun può farlo.
Le piramidi con le grandi maschere, come quella di Kohunlich, evocano il volto del dio solare Kinich Ahau e il potere dei sovrani che si identificavano con le divinità celesti. Siamo qui a Quintana Roo. Le statuette di Jaina, piccole e vibranti di vita, rappresentano invece la continuità dell’esistenza oltre la morte. Qui siamo a Campeche.
Poi c’è Chichén Itzá, una delle città più imponenti e simboliche del mondo maya, la settima meraviglia del mondo moderno. Parla e si racconta a vederla da quaggiù.
Dalla scalinata della piramide che la caratterizza, quella di Kukulcán, durante gli equinozi, parrebbe che il profilo del serpente piumato stia discendendo sulla terra. È un incontro tra architettura e astronomia, un dialogo tra il divino e l’umano reso pietra e luce. Kukulcán incarna la forza della natura, un essere capace di unire cielo, terra e inferi.
Il serpente piumato, qui in Messico, lo si incontra spesso.
I Maya hanno osservato il cielo con la stessa attenzione con cui hanno lavorato la terra. Hanno registrato il movimento degli astri, inventato un sistema numerico vigesimale e costruito calendari perfetti, in cui il tempo non è una linea, ma un cerchio che ritorna. Ogni ciclo è un respiro dell’universo, una ripetizione che unisce gli dei e gli uomini, la nascita e la fine.
Nel loro mondo nulla era solo naturale o soprannaturale: tutto aveva un’anima. Gli dei abitavano ogni forma e ogni sostanza, e la vita stessa era un continuo dialogo con l’invisibile. Il sacrificio, la danza, il fuoco, il suono dei tamburi e dei fischietti servivano a mantenere l’equilibrio del cosmo, a garantire la continuità tra passato e futuro.
Anche la guerra faceva parte di questo ordine. I Maya erano ferocissimi. Innumerevoli e chissà che giustificazione potessero davvero avere, erano i........





















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