Se Schlein facesse Schlein sarebbe più avanti di Mamdani
Ci mancava Mamdani. Il Pd ama vedere problemi in casa sua. E quando non ci sono se li crea. Così l’inner circle che gli gira intorno. Commentatori e opinionisti compresi. Schlein non potrà mai essere il Mamdani della sinistra nostrana, è il mantra. Si tratta dell’ultimo postulato, dei tanti, sulla leadership deboluccia che aleggiano, da tempo, sulla testa della segreteria Pd. Un lavorio che parte da quando Schlein, legittimamente, si è intestata di essere la leader del cosiddetto campo largo, candidata a Palazzo Chigi. Le quattordici correnti del Pd hanno macinato simposi, ricerche sul centro che non c’è, montato leadership qua e là (l’ipotesi Ruffini, ex capo dell’Agenzia delle Entrate, che fine ha fatto?), tratteggiato candidati vincenti all’inverosimile. Oggi il tam tam, anche mediatico, è attorno alla Salis, sindaco di Genova. Pare sponsorizzata da Renzi (scusi, Matteo e perché la Boschi no, messa lì in un cantuccio dopo aver cumulato esperienze pesanti di Governo?). Vedremo dopo lo step delle regionali la piega che prenderà il ‘dibattito’. Schlein sta assolvendo al suo ruolo consegnatole dalle primarie. Ha lavorato sodo prendendo tra le mani un partito assente di fisionomia, persa, meglio, sostituita da anni di governo che hanno logorato la sua classe dirigente, esclusivamente amministrativa, piegando idee e obiettivi al minimo sindacale, sotto la mannaia soffocante dei limiti dell’Europa e della commissione di turno a Bruxelles. È il percorso degli esami che non finiscono mai. Di affidabilità. Di........





















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