Don Grimaldi: «Il carcere non sia la nostra vendetta»
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In ordine cronologico è l’ultimo dei grandi eventi del Giubileo e avrà come protagonisti proprio quelli che vengono considerati come gli ultimi, ma che nella logica evangelica «saranno i primi». Domenica 14 dicembre persone detenute provenienti dalle carceri italiane e dall’estero varcheranno la Porta Santa della basilica di San Pietro per ottenere l’indulgenza e incontrare Papa Leone XIV che presiederà la messa. «E’ un evento nel segno della misericordia, quella che solo Dio può dare e che non conosce confini, non si ferma neppure davanti ai delitti più efferati. E nel segno della speranza, la parola simbolo del Giubileo. Una speranza che non delude, come dice il titolo della Bolla di indizione scelto da Papa Francesco, e che per molti di loro ha significato l’inizio di un percorso di cambiamento proprio nei momenti più dolorosi». Don Raffaele Grimaldi dal 2017 è Ispettore generale dei 250 cappellani presenti nei penitenziari italiani, ha alle spalle 23 anni come cappellano in quello di Secondigliano. Con Avvenire traccia un bilancio di quello che rappresenta il Giubileo in luoghi segnati dalla sofferenza e da problemi annosi e irrisolti: il sovraffollamento, la carenza di programmi educativi, di personale e di misure alternative alla detenzione, i suicidi, fino all’assenza di un provvedimento di clemenza da molte parti auspicato ma rimasto lettera morta. «Sono tutti problemi sui quali è necessario e urgente intervenire per rendere più umana una condizione dolorosa perché segnata anzitutto dalla privazione della libertà. Ma questo non ha impedito che la fiamma della speranza restasse accesa, perché la grazia di Dio si rende presente anche in condizioni proibitive. E tenere viva la speranza è il compito principale di noi cappellani».Un piccolo simbolo di questa speranza sono le lampade realizzate dai detenuti di Salerno e consegnate l’8 gennaio in San........
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