Apple “serve” alla Cina tanto quanto agli Stati Uniti. E viceversa
«L’azienda più preziosa al mondo si trova ora intrappolata in una guerra fredda tra due superpotenze che vogliono il divorzio ma devono invece fare in modo che la loro relazione funzioni per il figlio». Con questa azzeccata immagine Patrick McGee, giornalista esperto di tecnologia e autore del libro Apple in China, in uscita a maggio, ha spiegato su The Free Press perché l’azienda che ha inventato l’iPhone è too big to fail, troppo grande per fallire, e perché «sia gli Stati Uniti che la Cina hanno bisogno di Apple per avere successo, anche se per ragioni molto diverse».
Non conviene né a Usa né a Cina che Apple perda valore
Dopo avere annunciato dazi che avrebbero avuto conseguenze disastrose sui prezzi di moltissimi dispositivi elettronici fabbricati con componenti o manodopera cinesi, Donald Trump ha deciso di ri-cambiare idea e risparmiare dai dazi reciproci l’iPhone e altri device importati dalla Cina. In attesa di capire se e quando il presidente americano cambierò di nuovo idea (ieri ha minacciato nuove tariffe sugli smartphone), nel dubbio molti americani si sono affrettati a comprare iPhone per timore di un prossimo rialzo dei prezzi.
Numerosi analisti stanno spiegando da giorni che gli Stati Uniti al momento non sono in grado di spostare sul territorio americano la produzione del prodotto di punta di Apple, e che dunque Washington ha bisogno di Pechino affinché l’azienda fondata da Steve Jobs non crolli.
Spiega McGee che per gli Stati Uniti «Apple è un simbolo di potenza tecnologica. È l’azienda più preziosa al mondo e genera grande ricchezza per i suoi azionisti (in gran parte americani). La prospettiva che perda un valore di mille miliardi di dollari, come è accaduto nel giro di poche settimane prima che Trump offrisse una pausa di 90 giorni sulla maggior parte delle azioni tariffarie la scorsa settimana (Cina esclusa), avrebbe ripercussioni praticamente su chiunque abbia dei risparmi investiti».
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