L’ombra di un piano per svuotare Gaza dietro il caos degli aiuti umanitari
Meno del 5 per cento dei terreni coltivabili della Striscia di Gaza può essere utilizzato, secondo gli ultimi rilievi satellitari, il che riduce praticamente a zero le già limitate risorse autonome di cibo. L’80 per cento dei campi distrutti, quasi tutto il resto inaccessibile ai coltivatori: troppo alto il rischio di finire sotto le bombe. Un dato poco diffuso, prevalgono sui media le notizie che parlano di morti e bombardamenti su abitazioni, ospedali, scuole. Fanno notizia perché negli edifici ci sono persone, bambini, donne, anziani. Ma c’è una altra guerra in corso, è una strategia che delinea un possibile futuro: lo svuotamento di Gaza, o l’evacuazione della maggior parte degli abitanti, facendo leva sulla distribuzione “controllata” dei rifornimenti.
La popolazione palestinese che sopravvive da 600 giorni in questa guerra scatenata da Israele dopo il massacro del 7 ottobre 2023 perpetrato da Hamas ha bisogno di un tetto e di cibo. Ed è questa la faccia della guerra che sta emergendo, le immagini che arrivano da Gaza sui circuiti internazionali, postate sui social mostrano scene da assalto ai forni di manzoniana memoria. Una guerra dai connotati diversi dai combattimenti sul terreno e dai bombardamenti. Le foto di orrori e cadaveri sono state usate ma anche contestate, e non ci sono certezze sui numeri delle vittime: i falsi sono più utili delle notizie ed è difficile trovare fonti indipendenti. Ora è ancora più arduo capire cosa sta succedendo nella “guerra della fame”: siamo riusciti a parlare con testimoni diretti, abitanti di Rafah e funzionari di organizzazioni internazionali che sono sul terreno. Altre informazioni giungono da fonti interne israeliane e palestinesi, incrociate e verificate più volte.
Ecco quanto ha ricostruito Tempi su quello che sta accadendo a Gaza nella distribuzione degli aiuti, cibo e medicine, al di là dei comunicati ufficiali.
Centri di distribuzione Onu in crisi
Parliamo con un fornaio: «Dopo due mesi di blocco degli aiuti umanitari», ci dice, «sono arrivati i primi camion con la farina; le scorte erano finite da un pezzo. Abbiamo iniziato subito a fare il pane, usando l’acqua che siamo riusciti a trovare, ma non c’era il combustibile, abbiamo bruciato tutto quello che potevamo, la farina è finita presto e intanto la gente si era accalcata davanti al forno, migliaia di persone, tanti bambini, i più piccoli riuscivano a farsi........
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