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Così Israele mira al controllo della Striscia. Anche contando su faide e rivolte anti Hamas

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03.04.2025

L’incubo delle famiglie degli ostaggi detenuti nei tunnel di Hamas si sta concretizzando nel peggiore dei modi: bombardamenti a tappeto sulla Striscia, mentre una divisione dell’esercito israeliano si dirige verso il Sud di Gaza.

«Le nostre truppe si stanno muovendo per rimuovere gli ostacoli alla sicurezza e ripulire la zona da terroristi e infrastrutture e catturare un vasto territorio che sarà aggiunto alle aree di sicurezza della Stato di Israele», sono le parole del ministro della Difesa Israel Katz. Traduzione: “aggiungere un vasto territorio alle aree di sicurezza dello Stato” significa che un’ampia porzione della Striscia dovrà restare sotto il controllo dell’Idf. Se non è un’annessione poco ci manca ed è, in sostanza, il progetto di ritornare alla situazione del 2005, quando i militari dello Stato ebraico si ritirarono da Gaza e gli insediamenti furono smantellati.

Ora quel ritiro è valutato come un grave errore che ha portato alla guerra e al disastro del 7 ottobre. Al tempo fu considerato un gesto che avrebbe alleggerito la tensione e permesso la formazione di una nuova Gaza distinta dall’Amministrazione palestinese di Ramallah, ricca degli aiuti internazionali e dei paesi arabi. È avvenuto il contrario.

La rabbia delle famiglie degli ostaggi

Ora, dopo due mesi di tregua che non hanno portato al risultato sperato (un accordo per la liberazione degli ostaggi e una nuova amministrazione di Gaza senza i terroristi di Hamas), pare che il premier israeliano Benjamin Netanyahu abbia scelto la strada della guerra finale («della vittoria», dice lui) e i suoi ministri ultrasionisti, Itamar Ben-Gvir e Bezalel........

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