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I mostri di Garlasco. E gli errori mostruosi

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03.06.2025

«Non sembrava più un processo, ma un congresso scientifico d’Ottocento. L’ora della morte, il sangue, il dna: tutti avevano una loro versione. Tutto, per delega e confusione, era stato dato in pasto agli esperti. Così la Procura si era persa fin dall’inizio in un labirinto. Oggi il caso Garlasco è diventato il termometro della giustizia in Italia, ma lo era già 18 anni fa, quando si è pensato che con le perizie si potesse sistemare tutto. E lo resta oggi, che si tenta una revisione. Non con prove nuove, ma con un colpevole nuovo».

Stefano Zurlo, inviato del Giornale, cronista giudiziario di razza, è stato fin dall’inizio testimone diretto e narratore sul campo dell’omicidio di Chiara Poggi. Uno dei pochi a non farsi travolgere dalla farsa forense in cui si è trasformata un’indagine che cominciò storta e proseguì peggio.

La vicina e la madre ignorata

È stato il primo, mentre il nugolo di esperti nominati dal gip litigava sull’ora della morte – le nove, le dieci, le undici, mezzogiorno – a dare voce alla madre: «Mia figlia non apriva mai agli sconosciuti. Il 13 agosto 2007 ha disinserito l’allarme alle 9.12, e deve essere morta pochi minuti dopo». È stato anche il primo a parlare con la vicina Franca Bermani, che dava da mangiare ai gatti e raccontava di aver «notato verso le 9.10 una bici nera da donna appoggiata alla recinzione della casa». «Ma quella è anziana – replicarono a Zurlo i carabinieri -. Chissà cosa ha visto». Dopo 7 anni quella bici, o una bici analoga, sarà sequestrata.

Ma Stefano Zurlo è anche il primo a mettere in guardia dal revisionismo che si presenta come nuova verità. «Oggi vogliono far passare per idioti quaranta giudici, tre gradi di giudizio, la Cassazione, i RIS. Ma non si può. Lo dico da ipergarantista: le indagini sono state fatte male, ma fino a un certo punto». Non difende un dogma, ma ha visto come si è costruita, pezzo dopo pezzo, la condanna di Alberto Stasi. «Sono pronto a riparlarne, se dovessero emergere prove vere o indizi seri. Anche l’innocente, come il colpevole, lascia indizi. Solo che sono indizi della sua innocenza. E qui ad oggi non se ne vedono».

Chiara Poggi (foto Ansa)

Da Stasi a Sempio, «vice-mostro per acclamazione»

Qui l’innocenza di Stasi deriverebbe dalla presunta colpevolezza di Andrea Sempio, «ma ciò che è stato prodotto da Procura e difesa a supporto della tesi finora è solo confusione. Un caos». Abbiamo un condannato a sedici anni, molti già scontati, che si proclama innocente. E un indagato – che si vocifera diventeranno più indagati – che andrà a processo, e ha già preso il posto del colpevole. «Un vice-mostro. Anzi, il vero mostro, per acclamazione popolare».

Nel mezzo c’è di tutto: intercettazioni, scontrini, yogurt scaduti, capelli, telefonate mute, video hard su chiavette, sogni e post degli avvocati. Oggetti ritrovati oggi nel canale di Tromello, dragato 18 anni dopo il delitto perché un testimone, intervistato alle Iene, sostiene che lì sia stata gettata l’arma. Testimoni che emergono dopo anni, profili genetici, piste che si allungano fino al Santuario della Bozzola e poi volano in Colorado. Dichiarazioni lunari: basti pensare a quelle del legale di Sempio, che lo definisce «un comunista disadattato», tirando in ballo la Chiesa, il caso Orlandi, perfino Trotsky.

Soprattutto nuove perizie, che si aggiungono alle oltre 40 eseguite in otto anni per correggere una sentenza definitiva. «Ma se dimostreranno davvero che Sempio è colpevole, sapranno anche spiegare come Stasi ha fatto a uscire immacolato dal........

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