Nel fitto di Luca Carboni, con «Gesù e il diavolo»
«In questo fitto c’era anche Gesù, e il diavolo», così Luca Carboni ha fissato un’immagine della sua infanzia durante una chiacchierata-intervista con don Massimo Vacchetti, svoltasi il 25 giugno come parte degli appuntamenti dell’evento LIBeRi nel parco di Villa Pallavicini a Bologna.
Quarto di cinque figli, Luca ricorda le sere in famiglia da bambino in cui si recitava il rosario in latino e c’era il botta e risposta tra genitori e nonni nel dire le preghiere. In quel fitto (gli odori del dopo cena, la sonnolenza dei piccoli, il latino sbiascicato dei vecchi) c’erano anche Gesù e il diavolo. Ed è la sintesi migliore del suo sguardo di uomo e di cantante. C’è un fitto nella vita, se uno ci si pianta dentro con la sola disponibilità a notare quello che ha attorno e sentirlo come presenza, come urto, come amico.
Non c’è differenza tra il Luca Carboni che canta e quello che parla
Non c’è differenza tra il Luca che canta e quello che ha parlato con intimità crescente al pubblico di Villa Pallavicini. La voce dolce, pacata, timida è una cascata di dettagli minuti del suo vissuto, sgranati senza la presunzione di farne una morale, ma con la spensierata serietà con cui un bimbo raccoglie conchiglie sulla spiaggia.
Il distributore della Total che dava le figurine a chi faceva il pieno, l’oste Vito che accoglieva i clienti con un grossa mazzetta di 10mila lire infilata nel taschino della camicia, don Felice che d’inverno non riusciva a suonare l’organo perché gli si congelavano le dita in un prefabbricato usato come chiesa, le partite di calcio tra i fili del bucato del........
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