Reggio Film Festival: il coraggio di dire no agli sponsor
Il Reggio Film Festival, alla sua ventiquattresima edizione, rappresenta un punto di riferimento per la città emiliana e per gli appassionati di cinema d’autore. Gestito dal Cine Club Reggio e da un gruppo di intellettuali e volontari, con un budget di 30.000 euro, quest’anno aveva scelto come tema il “proibito“: censura, tabù, divieti sociali e limiti del nostro tempo.
Il programma 2025 includeva ospiti di prestigio: il regista Matteo Garrone, il fumettista Milo Manara e la giornalista Giulia Innocenzi con il docufilm Food for Profit. Il direttore Alessandro Scillitani aveva concepito il tema come chiave di lettura di un tempo segnato da conflitti e spazi pubblici ridotti, invitando a interrogarsi su ciò che è giustamente vietato e ciò che viene ingiustamente censurato.
Eppure, proprio il tema scelto si sarebbe rivelato profetico in modo inaspettato. Gli organizzatori hanno osservato con ironia di non aver immaginato che il proibito li avrebbe toccati così da vicino.
La rottura è arrivata venerdì 31 ottobre, quando il consiglio di sezione di Reggio del Consorzio Parmigiano Reggiano ha deliberato il ritiro della propria sponsorizzazione al festival, pari a 2.000 euro. Una cifra irrisoria rispetto al budget complessivo della manifestazione, ma dall’alto valore simbolico. Il motivo? La presenza nel programma di Giulia Innocenzi, giornalista impegnata sui temi ambientalisti e animalisti, attesa a Cavriago il 10 novembre per la proiezione del suo docufilm Food for Profit, preceduto da un incontro dal titolo significativo: Cibo proibito, verità indigeste.
Il presidente del Consorzio, Giorgio Catellani, è stato netto: non condivide forma, metodo e sostanza delle affermazioni della Innocenzi. Il Consorzio, ha spiegato, è sempre disponibile al confronto su opinioni logiche e argomenti seri, ma in questo caso ha ritenuto necessaria una risposta forte a nome degli allevatori. “Non si possono mettere insieme nello stesso luogo il diavolo e l’acqua santa” ha dichiarato.
Le dichiarazioni contestate si riferiscono a un post Instagram pubblicato dalla giornalista il 13 agosto, in cui mostrava ventilatori e nebulizzazioni d’acqua nelle stalle per rinfrescare le mucche durante l’estate. Innocenzi aveva interpretato questi sistemi come metodi finalizzati non al benessere animale, ma all’aumento della produzione di latte, collegando l’osservazione ai rincari del prezzo del Parmigiano Reggiano, e concludendo che gli allevamenti intensivi rappresentano un cortocircuito dannoso per tutti.
C’è da dire che il Parmigiano Reggiano e la comunicazione hanno un rapporto di totale incomprensione da anni. Molti ricorderanno senza dubbio il capitombolo comunicativo dello spot in cui il povero Renatino era felice di lavorare 365 giorni all’anno, per non parlare della causa contro Pornhub, che, in uno spot geniale, aveva nominato il “parmigiano”, regalando milioni di visualizzazioni gratuite. Ne hanno parlato (malissimo) i giornali di tutto il mondo, ma a quanto pare, non è servito a cambiare direzione – o quantomeno a uscire da un provincialismo indifendibile.
Gli organizzatori del Reggio Film Festival si sono........





















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