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Come funziona l'imposta patrimoniale: proviamo a fare un po’ d’ordine tra disuguaglianze, concentrazione della ricchezza e proposte politiche

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tuesday

Come un orologio che batte le ore, il dibattito sull'imposta patrimoniale torna puntualmente a occupare le prime pagine dei giornali e i talk show politici. Non è un caso: dietro questa discussione ricorrente si nasconde una questione fondamentale che riguarda tutti noi, ovvero come è distribuita la ricchezza nel nostro Paese e se lo Stato debba intervenire per riequilibrare questa distribuzione.

Ma di cosa parliamo esattamente quando diciamo "imposta patrimoniale"? In termini semplici, si tratta di una tassa che colpisce il patrimonio posseduto dalle persone – case, terreni, investimenti finanziari, opere d'arte – indipendentemente dal reddito che questo patrimonio produce. È come se lo Stato dicesse: "Ogni anno mi devi una percentuale di quello che possiedi", non solo di quello che guadagni.

Il dibattito si divide nettamente lungo linee politiche ben definite. Da una parte troviamo i partiti di sinistra e i sindacati, che vedono nell'imposta patrimoniale uno strumento di giustizia sociale.

Il loro ragionamento è lineare: se la ricchezza si concentra sempre più nelle mani di pochi, lo Stato deve intervenire per redistribuirla, finanziando servizi pubblici, welfare e investimenti che beneficino tutta la collettività. Per loro, chi ha di più deve contribuire di più, non solo in base a quanto guadagna, ma anche in base a quanto possiede.

Dall'altra parte dello schieramento, il centrodestra respinge categoricamente questa proposta, considerandola una "doppia imposizione". L'argomento è il seguente: quando una persona accumula ricchezza – comprando una casa, investendo in azioni, mettendo da parte risparmi – lo fa con soldi che sono già stati tassati. Ha pagato le tasse sul suo stipendio, sull'eredità ricevuta, sulle plusvalenze degli investimenti. Tassare nuovamente quel patrimonio significherebbe quindi punire chi ha lavorato, risparmiato e fatto sacrifici per costruirsi una sicurezza economica.

Al di là delle posizioni politiche, i dati più recenti forniti dalla Banca Centrale Europea offrono una fotografia nitida – e per certi versi preoccupante – della distribuzione della ricchezza nel nostro Paese. Nel primo trimestre del 2025, il 5% delle famiglie italiane più benestanti deteneva da solo il 48,3% dell'intera ricchezza nazionale. Detto in altri termini: una famiglia su venti controlla quasi metà di tutto il patrimonio esistente in Italia.

Per capire meglio cosa significhi questo numero, immaginiamo di mettere in fila tutte le famiglie italiane dalla più povera alla più ricca. Le ultime 5 su 100 possiedono insieme quasi quanto le altre 95 messe insieme. È come se in una classe di 20 studenti, uno solo avesse 10 merendine mentre gli altri 19 ne avessero in tutto 11 da dividere.

La situazione italiana appare ancora più significativa se confrontata con quella degli altri grandi Paesi europei. Nell'Eurozona, la concentrazione della ricchezza è mediamente più bassa: il 5% più ricco detiene........

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