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Compagni e barricaderi si intestano "Bella ciao" dimenticando Stalin

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25.04.2025

Di “Bella ciao” si sa tutto o quasi, quasi niente è certo, ma una cosa è sicura: la canzone non fu mai cantata dai partigiani e non era il loro inno. Eppure, dàgli oggi e dàgli domani, milioni di italiani sono stati convinti di questo mito. Potenza della suggestione, anch’essa a-storica ma puntualmente rinfocolata in maniera più o meno interessata. Proprio di recente, con squilli di trombe e ole trionfanti, “Bella ciao” venne spacciata addirittura come inno della Brigata Maiella, stendendo tappeti rigorosamente rossi con plausi di giubilo e altrettanto incauti e compiacenti interventi pubblici e sui giornali per aver finalmente quadrato il cerchio partigiano: guarda caso facendo leva su una brigata non partigiana. Miracoli della fede pagana del santuario postumo e apocrifo della guerra di liberazione vista dalla prospettiva di sinistra, costruendo una leggenda agiografica e addomesticando la storia. A partire dal ruolo di Josif Stalin, la stella polare rossa.

Alla sua morte nel 1953 i solerti megafoni italiani dell’Unità titolarono che era scomparso l’uomo che più aveva fatto per l’umanità. Facendo leva sull’abnorme numero di morti civili e militari dell’Urss nel 1941-1945, Stalin era diventato campione di libertà portata in mezza Europa. E ancora oggi il tamburo rotto della propaganda rulla sbandierando il........

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