Perché Nietzsche continua a parlare di noi
«Vengo troppo presto, non è ancora il mio tempo». Così dice l’uomo folle che nella Gaia Scienza (1882) va al mercato e urla a tutti che «Dio è morto». Che in quel “folle” Friedrich Nietzsche veda sé stesso e che l’annuncio della morte di Dio costituisca il centro ideale del suo pensiero, è fin troppo evidente. Il Dio che per Nietzsche è morto, o che almeno è entrato ai suoi tempi in una profonda agonia, non è ovviamente solo il Dio dei credenti. Ad entrare in crisi è piuttosto, o più precisamente, l’intero ordine di valori e credenze che ha contrassegnato la civiltà cristiana (e della Grecia classica o “apollinea”). Mai profezia fu più vera, possiamo dire oggi, a 125 anni esatti dalla morte, avvenuta a Weimar, del grande filosofo tedesco (era nato a Rocken il 15 ottobre 1844). Lo attestano gli infiniti discorsi sulla “crisi” o sul “tramonto dell’Occidente” che hanno percorso buona parte del secolo scorso e che continuano ad essere il leitmotiv dei nostri anni in cui tutti sperimentiamo una profonda crisi di senso. Due elementi sono però da sottolineare nella riflessione nietzschiana: il ricondurre la crisi epocale che viviamo ai presupposti stessi su cui si è fondata la nostra civiltà, quasi che la sua stessa origine contenesse in sé i germi del suo futuro; la ricerca........
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