Quel bimbo di Gaza e l’umanità che muore
C’è un bambino a Gaza che muore di fame. Ha le costole sporgenti, gli occhi spalancati nel vuoto, il ventre gonfio come quelli delle carestie africane. Nessuna colpa, se non quella di essere nato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. La sua immagine, fragile e straziante, sfonda i nostri schermi come un grido muto. E riecheggia, feroce, la domanda che Primo Levi scolpì nella coscienza dell’umanità: “Se questo è un uomo”.
Chiunque abbia a cuore la storia ebraica, chiunque guardi con rispetto la cultura di un popolo millenario, quel popolo in cui è nato e morto Cristo per ridare speranza al mondo, sente oggi una frattura profonda. Chi si è fermato davanti alle pietre d’inciampo, chi ha percorso in silenzio i ghetti d’Europa, chi si è inchinato davanti al male assoluto di Auschwitz, oggi fatica a riconoscere Israele. Non quella terra promessa della rinascita ebraica, né quello Stato laico, democratico e tollerante che aveva affascinato generazioni di intellettuali, progressisti, studiosi. Ma un’altra cosa. Uno........
© La Provincia di Como
